domenica 27 novembre 2011

Aprile 2006






martedì, 18 aprile 2006

Sono stata a vedere Magritte sabato e da allora ogni nuvola, ogni finestra, ogni albero nero contro il cielo mi fanno un effetto diverso. Come starci dentro, come vedere profili di colombe aquile e volti dove ci sono solo stelle, come vedere foglie con becchi e piume di uccelli germogliare sugli alberi.
Come questa primavera per mezz’ora calda e per un’ora gelata, che si rovescia di senso all’improvviso tra limpidezze turchine e nuvole fredde. 
Come tutti i significati che si rovesciano se li guardi da un’altra parte, se inverti la figura con lo sfondo, se scompagini i rapporti dimensionali e metti una nuvola immensa in un bicchiere: sarà che la nuvola non era così grande o sarà che il bicchiere contiene davvero tanto, tanto di più di quello che pensavi? Sarà che è giorno pieno, un giorno tanto scuro da essere illuminato appena da un lampione o sarà notte con un firmamento straordinariamente chiaro e luminoso?
E tu dove sei, dentro o fuori la cornice, tu fata ignorante con una candela che fa buio, tu che non sei un pomo e non sei una pipa ma forsi ridi dietro una mela, dietro una bombetta. Poi magari impari anche che roccia e vapore acqueo hanno lo steso peso, che l’essere solidi e massicci e impenetrabili vale quanto l’essere aerei e soffici e mutevoli, attraversabili e scompigliabili da ogni brezza.
In mezzo, a guardare come un sorriso, come la pancia di una lucciola, come il profilo di un calice di cristallo c’è la luna. Anche quando non si vede.

(Il titolo di un quadro era “Dio non è un santo”, e questo è fuor di dubbio.)

Postato da: sphera a 09:58 | link | commenti (21)

giovedì, 13 aprile 2006

Quando non è più l’emergenza ma la prassi sentirsi dire “Tira via, tira via, non star lì: butta dentro, l’importante è che ci sia il prodotto, tanto che sia più ben fatto o meno nessuno se ne accorge” e in effetti hai la sgradevole sensazione che davvero nessuno se ne accorga, capisci, passa un po’ la poesia.
Se diventa fondante il principio “Nello stesso tempo in cui facevi una cosa puoi farne due, volendo. Con un po’ di impegno tre. Facendole male quattro. Se non vuoi restare a casa cinque”. Pagato la metà, ovvio. Se non ti va non c’è problema: ci sono flotte di stagisti che sono perfettamente adatti a far le cose male, a costo quasi zero. È un favore che ti si fa, a farti fare un così bel lavoro - un lavoro creativo, pensa! - e darti anche una specie di mancia, pensa come sei fortunato, cos'è che vuoi di più?
Ora: se qualcosa ti piace, ti diverti a farlo ma non ti dà di che mangiare si chiama hobby, non lavoro.
E se nemmeno ti piace più tanto, allora non si chiama in nessun modo. O forse masochismo, ecco.

Postato da: sphera a 11:35 | link | commenti (12)


giovedì, 06 aprile 2006

Breve introduzione alla scienza della previsione del futuro

Qui non si parla, come dianzi, di cose vaghe e imprecise come i presagi - dei quali, si sa, la beffarda entità preposta alla gestione si diverte deliberatamente a ingarbugliare il linguaggio e i segni - qui si parla di scienza: di procedure affidabili, sperimentate e incontrovertibili.

Il futuro, come ben sappiamo, è doppio. Doppio nel suo essere una speranza e perciò necessariamente un timore: che non si avveri, o viceversa. Doppio anche perché non c'è ancora eppure già c'è, latente e in potenza in quello che è il presente e che viene dal passato. Doppio perché il saperlo prevedere è un'arte che se non ben padroneggiata non di rado diventa una disgrazia.
Duplice quindi è l'apprendimento e la pratica di questa disciplina che corre su due binari distinti, i quali portano ovviamente alla fine nella stessa direzione, e che ora andremo brevemente ad illustrare. Vogliate seguirmi con attenzione, per cortesia, giacché il tema è complesso.

Il primo campo d'azione della suddetta scienza si basa sul dato - accessibile a chiunque su indiscutibile e ampia base sperimentale - che quando ci si trova a prevedere un qualche avvenimento positivo esso ben di rado si verifica, mentre quando prevediamo uno svolgersi degli eventi a noi sfavorevole quasi sempre il pronostico si azzecca.
Ora, poichè alla nostra logica (siamo in ambito di scienza, non dimentichiamolo) risulta inaccettabile l'ipotesi che non solo l'universo sia centrato sullo svolgersi del nostro personale destino ma addirittura che vi sia centrato in senso negativo, pare a un primo esame inspiegabile il fenomeno di cui sopra, a meno di non presumere una connaturata malignità del fato, un accanimento nei nostri personali confronti che, via, ci appare oltre che improbabile un presupposto davvero assai lagnoso.

Le ragioni invece sono concrete e misurabili, e dipendono da altro.
Facendoci caso, nel momento in cui si esterna una predizione postiva quale "Ho idea che mi daranno un grosso aumento" oppure "Mi chiamerà, lo so, e mi dirà cose meravigliose" non è una vera previsione del futuro che si esprime, ma solo una speranza.
Di fatto quello che si pensa o dice non è "Prevedo che mi chiamerà" ma "Spero proprio che mi chiami". È in definitiva null'altro che un gratificatorio - e perfettamente legittimo, ci mancherebbe - coccolarsi, come un rigirarsi qualcosa di dolce sulla lingua.

Al contrario, se poniamo attenzione alla procedura mentale sottesa ad una previsione negativa ci rendiamo conto che quasi sempre questa è basata non su un vago e irrazionale sentimento bensì su segnali e indizi fattuali, ancorché solitamente non coscienti.
È ben noto, del resto, che i nostri sensi registrano una quantità di dati infinitamente maggiore di quella che poi perviene alla consapevolezza.
I criteri con i quali viene fatta questa cernita sono molteplici ma in misura piuttosto rilevante dipendono da ciò che ci aspettiamo - o desideriamo - percepire (intere branche di studi serissimi e approfonditi sono centrati sul come e perché la nostra percezione dipenda in certa misura dal nostro bisogno psichico in quel dato momento).
Perciò quando diciamo "Sento che mi licenzieranno" oppure "Me lo sento che mia moglie mi tradisce” è molto opportunamente che usiamo il verbo "sentire", perché effettivamente l'altro giorno quando siamo andati a sottoporre al capo un nostro interessante progetto i nostri occhi hanno ben registrato il fatto - nonostante il giornale fosse capovolto - che lui stava sottolineando gli annunci delle offerte di lavoro, ma l'informazione del tutto conseguente che l'azienda sia in difficoltà abbiamo preferito non assimilarla consapevolmente.
Così come il soffio di un profumo diverso che aleggia sulla giacca del marito o l'impronta, leggera ma ineludibile, di un succhiotto alla base del collo della fidanzata li abbiamo ben annusati e visti, ma sono rimasti al di là delle porte di quello che abbiamo avuto voglia di sapere.
Riemergono però come "sensazione" quando "prevediamo" cosa succederà, e se il futuro previsto in positivo è l'espressione rosea di una speranza fondata su null'altro che il nostro desiderio, la lettera di licenziamento o le corna del partner sono previsioni pressoché sempre azzeccate in quanto basate su dati del tutto reali e oggettivi, in nostro preciso per quanto inconsciamente o volutamente inconsapevole possesso già da tempo.

Con opportuno esercizio si riesce peraltro molto bene ad identificare e discriminare queste diverse componenti, dacché diventa agevole e spontaneo acquisire il primo livello di quest'arte, che consiste innanzitutto nell' esimersi dal fare previsioni positive e in seguito ad apprendere ad analizzare con lucidità e cognizione di causa gli indizi e i segnali - già tutti debitamente registrati da qualche parte e che si tratta solo di andare a ripescare - che ci portano ad una previsione del futuro negativa.
Passo successivo a questa consapevolezza è, ovviamente, l'agire in maniera tale da prendere adeguate misure affinché il pronosticabile evento nefasto non si verifichi: cerco un altro lavoro prima che l'azienda vada a fondo e mi licenzino, riconquisto/abbandono il partner prima che la sua infedeltà lo porti a mollare me.
Non che sia facile, intendiamoci: ci vuole allenamento, ma nessuno ha mai detto che predire il futuro sia una passeggiata.

La seconda branca teorica si basa sull'assunto - anch'esso sperimentalmente del tutto incontrovertibile - che quando prevediamo lo svolgersi di un evento questo non si verifica mai esattamente in quel modo, in quella maniera.
Ora, qui è necessario definire un fondamentale teorema:

La correttezza della previsione è direttamente proporzionale alla sua imprecisione. 

Se penso "Il mio fidanzato arrivando stasera farà un gesto carino" è piuttosto probabile che il pronostico si avveri: lui potrà dire una cosa tenera, o portare un piccolo dono, o dare un bacio particolarmente affettuoso e la previsione sarà stata in ogni caso corretta. Ma già se io penso "Stasera mi porterà un regalino" il campo si restringe, escludendo parole e bacetti, se prevedo "Mi porterà un mazzo di fiori" il pronostico sarà stato del tutto erroneo se invece porterà un libro o un disco, e se penserò "Mi porterà un mazzo di sette tulipani gialli" la previsione sarà giusta solo nel caso - davvero assai improbabile - che lui mi porti precisamente quel numero di fiori di quel preciso colore.
Il primo corollario di questo teorema è piuttosto noto anche ai profani: fai previsioni il più possibile vaghe e si avvereranno quasi sempre.

Ma noi studiosi naturalmente andiamo ben oltre:
se un evento ha tanto meno possibilità di realizzarsi esattamente come l'abbiamo previsto quanto maggiori sono i dettagli con cui è stato predetto, allora basta prevedere di un accadimento una grande quantità di particolari per rendere altamente improbabile il suo verificarsi.

Questo naturalmente risulta molto funzionale nel caso di avvenimenti che ci troviamo a temere.
Se per esempio si teme di essere licenziati basta prevedere i peggiori dettagli, quelli che più ci angosciano, ad esempio: "Mi licenzieranno. In tronco. Senza preavviso. Trattandomi malissimo. Senza buonuscita. Senza liquidazione. Senza referenze. Disattivandomi senza preavviso la sim aziendale su cui avevo tutti quei numeri importanti. Cancellandomi dall'hard disk tutti i miei video e file musicali senza lasciarmi tempo di copiarli".
Così come è opportuno non pensare mai semplicemente "Mio marito mi tradirà" bensì, con cura: "Mio marito mi tradirà. Con la mia migliore amica. Con mia sorella. Con tutte e due. E tutti l'avranno saputo da mesi e avranno riso alle mie spalle. E io li coglierò sul fatto. Nel mio lettone, tra le mie lenzuola preferite, quelle azzurre. A fare quelle cose lì che con me non ha mai voluto fare."
E via dicendo, e via particolareggiando.
Il secondo teorema non lascia margine di dubbio:

Può essere che non tutto non si verifichi, ma per certo non si verificherà tutto.

Salta agli occhi immediatamente l'utilità della procedura: saremo certi che almeno alcune delle peggiori sfumature ci verranno risparmiate.
La competenza, l'abilità, il virtuosismo si ottengono immaginando con dovizia di particolari le cose peggiori che temiamo accadano e non ci si stancherà di ripetere quanto l'attenzione alla assoluta minuzia sia importante, perché le cose che abbiamo previsto con estrema dettagliata cura si sa che non si avvereranno così - proprio così - mai.
Va prestata particolare attenzione, naturalmente, a che quello che si va prevedendo sia solo frutto dei nostri peggiori e immotivati timori e non provenga da una vaga - ma analizzandola oggettiva - sensazione: esemplificando, il prevedere che si verrà traditi con il migliore amico/amica bisogna esser certi che sia solo una paura e non la risultanza della percezione sottotraccia di quella volta che abbiamo visto senza volerlo vedere quello sguardo languido o quella carezza furtiva sulle chiappe.
Altrimenti si ricade nel primo caso e l'azione va di conseguenza condotta.

Ora, concludendo questa breve trattazione - non senza rimarcare l'importanza dell'esercizio costante, giacché l'acquisizione teorica è solo una parte di questa complessa disciplina - teniamo a far notare che le due branche di questa scienza, la Previsione del Futuro Negativo e la Previsione del Futuro Dettagliato hanno in comune un fondamentale aspetto:

- poiché nel primo ambito si considera di aver raggiunto la perfetta padronanza quando si sappia con geometrica esattezza discernere i dati percettivi che ci porterebbero ad una previsione del futuro negativa - e in quanto tale corretta - e li si sappia cogliere nel momento in cui codesti dati entrano in nostro possesso perciò in tempo utile per prendere adeguate contromisure, tali da modificare lo svolgimento degli eventi in senso diverso, a noi più positivo
- poiché nel secondo ambito si raggiunge la vera maestrìa quando si sia in grado di predire ciò che accadrà con tale precisa e calibrata abbondanza di particolari da renderlo assolutamente irrealizzabile in quella precisa forma

se ne evince che, in un caso e nell'altro, la più pura e alta scienza di prevedere il futuro si estrinseca nel momento in cui il futuro che avverrà sarà del tutto diverso da quello che il vero sapiente aveva pronosticato.

Ci vuol tempo e fatica ma ne vale la pena: la vera padronanza di questa dura disciplina sarà raggiunta quando finalmente nessuna delle previsioni che avrete fatto si avvererà.

Come ogni scienziato degno di questo nome non ho avuto esitazioni a sperimentare su me stessa, in corpore vili, la correttezza del procedimento e l'affidabilità dei risultati. Terrei però particolarmente in nome dei più alti principi del metodo scientifico ad avere quante più verifiche sperimentali possibile. Vi invito pertanto a prestarvi alla sperimentazione ampia e differenziata delle teorie suesposte, e a volermene cortesemente comunicare i risultati. Sui quali personalmente non ho dubbi, peraltro: ma fate cortesemente la prova, le prove, poi sappiatemi dire. Vi citerò nel discorso per l'attribuzione del Nobel.

Postato da: sphera a 09:45 | link | commenti (23)


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