giovedì 17 novembre 2011

Giugno 2005

mercoledì, 29 giugno 2005

A margine, molto a margine. Mi sovveniva in questi giorni il dubbio: ma siamo poi così sicuri che sia scontato e necessario che ogni eventuale figlio debba obbligatoriamente sapere con precisione la tecnica specifica mediante la quale è venuto al mondo?



- Ciao, come ti chiami?
- Martina. E tu?
- Io Marco. E tu?
- Valentina.
- Avete dei bei nomi. Anche dei bei codini. Volete giocare con me?
- Forse.
- Dipende. Come sei nato tu?
- Io? Normale...
- Normale? Cioè che tuo papà e tua mamma han fatto l'amore normale e normalmente sei nato tu?
- Eh, sì.
- Allora non so... mi sa di no.
- Certo che no. Neanche uno straccio di assistita... Mia mamma non vuole che gioco coi bambini poveri.
- Neanche la mia. Noi siamo Fivet, sai: i nostri papà e le nostre mamme hanno speso un sacchissimo di soldi per farci nascere. Un sacco di fatica, un sacco di viaggi di qua e di là. Un sacco di embrioni in spazzatura. Uno stress. Mi sa che non possiamo giocare con te.
- No, no, mia mamma non vuole. Cicca cicca.
- Beh, neanch'io voglio giocare con voi, siete antipatiche.
- Non parlarci così che noi Fivet bisogna trattarci bene se no ci vengono i problemi psichici: adesso ce lo diciamo alla maestra.
- Fate quel che vi pare, io vado a giocare con Pietro.
- Ah! Bravo. Vai, vai, a giocare con un eterologo. Chissà di chi sono i geni che c'ha dentro... vai, vai.
- E poi Pietro non ci gioca con te, lui gioca solo con la Camilla: si è fatto mettere nel banco assieme, anche. Si amano.
- Eh beh, è un'eterologa anche lei alla sua maniera...
- Eh già, sua mamma l'ha fatta con l'idraulico perchè il suo papà c'aveva gli sprema, gli spemarzo, gli spemtaozoi addormentati...
- Neanche un viaggio a Londra, ahahahah, che pezzenti!
- Un'eterologa dei poveri, sì, sì, e magari non le ha neanche fatto pagare la riparazione del lavandino, ahahahahahah!
- Siete antipaticissime. Non voglio stare nel banco vicino a voi neanche morto.
- Ahahahah, ma sentilo, chi si crede di essere, quello che per nascere gli è bastato un giro nel lettone, zam zam una botta e via, ahahahahaah, barbone!
- Sì, sì, allora diglielo alla maestra, ahahahahah: diglielo che ti metta all'ultimo banco, ahahahah!
- All'ultimo banco, sì, normalino di mamma, diglielo, così vai all'ultimo banco assieme a... a... ahahahahahaahhaahha oddio, che ridere!
- Sempre meglio che vicino a voi, stronzette-in-provette. Meglio all'ultimo banco con Ogino-sbagliato e Condom-bucato, meglio.

Postato da: sphera a 10:28 | link | commenti (6)

lunedì, 27 giugno 2005

Sono stata al mare. Piacevolissimo posto, tempo di assoluto splendore, acqua, sole, sonno, libri, verdicchio, cozze.
Tanta gente?
Gente? Quale gente? Quando sto bene mi si arrotonda automaticamente addosso un perfetto e gaio isolamento dal brulicare.
Sono una medusa larga e soffice che fluttua tra l’azzurro e il blu.
E rispecchia i raggi del sole.

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venerdì, 17 giugno 2005

Per capire se quello che non torna è il merito o invece il metodo, a volte basta cambiare il merito, e vedere se il metodo funziona.
Così, a spanne, a me sembra di no.

Postato da: sphera a 10:14 | link | commenti (6)

- Buongiorno, la chiamo per l'appuntamento per la clonazione.
Come dice? Che lei la disapprova? Capisco. Ma vede, la legge l'abbiamo approvata ier l'altro, sicché adesso lei è obbligata, cerchi di capirmi, le leggi son leggi.
Ah, lei anni fa aveva preso ferma posizione contro la cosa? Si era addirittura astenuta? Lei è una persona dai saldi principi, mi complimento. Ce ne fossero di persone così.
Allora, per l'appuntamento...
Capisco... la legge di prima le piaceva perché la proibiva. Eh, il tempo passa, signora mia, le cose si evolvono.
Quella legge lì aveva fatto il suo tempo, l'abbiamo abrogata. Adesso c'è questa, più nuova e moderna, lasci fare, che poi si trova contenta. Dunque, dicevamo...
Come? L'abbiamo fatta chi? Ma noi, signora, il Parlamento: lei ci ha eletto, noi facciamo le leggi.
Ah, lei non ci ha eletto... lei ha votato quegli altri... beh son cose che capitano: stavolta la maggioranza siamo noi quindi siamo noi che facciamo le leggi, anche per lei, signora, sì, anche per lei. Quindi, per quella clonazione...
Ehhh, no, mi spiace, non c'è modo: una legge è una legge, tocca adeguarsi.
Come dice?Un referendum abrogativo? Ma signora, ma lei dove vive? L'abbiamo levato di mezzo, anni fa oramai: non interessava a nessuno. Era una istituzione... com'è quella parola...? Screditata, ecco. Era un'istituzione decotta. Si spendevano un sacco di soldi, un sacco di fatica e andavano a votar quattro gatti, perlopiù facinorosi che non avevan di meglio da fare.
Del resto, in effetti è anche vero: siamo qui apposta, per fare le leggi, è giusto che siamo noi a pensarci.
Che poi son faccende complicate, sapesse, la gente ha ragione, si stanca: dover stare a fermare il pensiero su questi quesiti... già la parola quesito, non trova? Già è faticosa. La gente giustamente ha ben altro da fare che perdere un quarto d'ora in un seggio. Ci siamo noi per 'ste cose, siamo qui apposta.
Una delega in bianco, dice? Ma no, via. Faccia magari una manifestazione di protesta, scriva una lettera a qualche giornale, faccia uno sciopero della fame, si dia fuoco, non so. Magari noi restiamo impressionati e la cambiamo, la legge.
Nel frattempo, se vogliamo procedere con questo appuntamento... giovedì alle tre, venga digiuna.


Postato da: sphera a 10:12 | link | commenti (4)

Caro amico,
sono di fretta, ma visto che non so quando potrai riavere mie notizie tenevo a mandarti un saluto.
Come sai ieri qui c'è stato un referendum: te ne avevo parlato, certamente ricordi.
Si tratta di quella legge, quella detta della Difesa Preventiva: quella che basandosi sugli inviolabili diritti alla Legittima Difesa e all'Attacco Preventivo stabilisce che poiché statisticamente la maggioranza degli immigrati arabi e slavi risulta composta da delinquenti potenzialmente pericolosi è da oggi lecito ucciderli a vista.
Lo so, lo so che ti pare una legge assurda ma la maggioranza di questo parlamento l'ha approvata, col fervido consenso del suo elettorato.
Noi non siamo d'accordo eh, lo so, ma essendo minoranza le leggi che non ci piacciono non c'è verso di cambiarle: è la democrazia, lo sai. L'unico modo sarebbe il referendum e davvero, come ti dicevo, è già un miracolo che sia stato ammesso e poi fatto: forse si eran distratti, non so. Ma han subito ripreso in mano la situazione: avessi visto le città, tappezzate di manifesti: "Guarda che ti vedo, se vai a votare".
E poi, giù al bar li sentivi: "Ma guarda che io vado a votare perché è un mio diritto, il voto, insomma ci tengo. Però voto no, te lo giuro."
"Eh, già, bravo. E io come faccio a esser sicuro? E se poi, nel segreto dell'urna...? No, guarda, io per esser tranquillo domenica mi metto seduto qui fuori, mi bevo un'orzata e mi segno giù tutti i nomi di quelli che vedo entrare nel seggio. Che se un domani un immigrato mi violenta la sorella ti vengo a cercare, ti vengo."
Uno gli passa la voglia di andare a votare, si può anche capire.
Lo so che a metterla così, dove va a finire la segretezza del voto se invece di esprimerlo dentro il seggio uno lo esprime entrandoci o no, nel seggio, lo so.
Ma mica si può proibire a nessuno di sedersi al tavolo con la sua orzata, no? È un paese democratico, questo
Poi, lo riconosco, ne abbiamo già discusso, è un po' barare il mettere insieme tutti quelli che non votano mai perché se ne fregano, che son tantissimi, qui (ma del resto fregarsene è un sacrosanto diritto, sancito da un sacco di leggi), con quelli che votano no perchè ci han ragionato su per benino e ne sono convinti, con quelli che indipendentemente da come avrebbero votato non gli va di farsi vedere entrare nel seggio, magari dal datore di lavoro che poi si fa tutta un'idea di come la pensi, o magari dalla maestra che poi chissà cosa gli fa passare al bambino, o dal parroco, il parroco, poi.
Lo so, amico mio, che visto da fuori sembra che far la somma di tutti questi e dire che il Paese ha deciso che la legge va bene così sembra un po' un trucco, ma insomma la democrazia è la democrazia: siamo tutti uguali ma chi non vota è un po' più uguale degli altri.
Mi piacerebbe discuterne ancora con te, di questa e di tante altre cose, ma purtroppo ti devo salutare: la legge non è stata abrogata e stanotte cercherò di passar la frontiera.
Voglio che tu ricordi che sei stato un vero amico, per me, perché non so se ci rivedremo: come ti ho detto ora chiunque mi può sparare a vista.
Spero solo, nel caso, di incontrare un obiettore di coscienza.

Postato da: sphera a 10:10 | link | commenti

venerdì, 10 giugno 2005

Cinque mesi

Avevo pensato che sarei stata felice: che era quello che mi mancava, per essere felice. Che sarei stata felice sempre, in ogni momento. Che ci sarebbe stata quella luce dolce e calda, quella luce morbida, che si vede nelle pubblicità. Mi immaginavo la culla, i vestitini. Pensavo me, i miei movimenti lievi, pensavo ai suoni teneri di balbettii e tintinnare di carillon, pensavo agli odori del borotalco e del latte, che mi ricordavo ancora, da quanto tempo, da quando ero piccola io, forse.
Non lo sapevo che ci sarebbero stati quei versi stridenti, quel gridare senza ragione perchè piangi madonna santa perché? Non avevo mai pensato al sonno così tante volte interrotto, alla stanchezza nelle braccia e nella testa, all'odore, al non saper cosa fare, perché piangi ancora, perchè?
Non mi ha detto nessuno che avrei avuto paura, nessuno mi ha detto che avrei avuto voglia di non averlo, di non averlo avuto, che avrei voluto fosse ancora solo un desiderio e non una cosa, una cosa che non capivo, che non mi lasciava pace, che mi aveva svuotato da me.
Nessuno mi ha detto che avrei pensato che non ero sicura di amarlo, che avrei voluto che me lo togliessero via, via di dosso e che invece non si poteva, perché adesso che c'era ci sarebbe stato per sempre.
Mi han detto tutti che sarei stata felice, che finalmente sarei stata proprio come volevo, proprio come si deve essere, che era la gioia più grande, che non c'è niente come quello, niente.
Allora ero io che non ero capace, se per tutti era sempre così, se per tutti era bello e per me era un'ansia continua, se per me era svegliarmi con un tuffo nel cuore perché forse non era a posto davvero, era pensare mammamia ma come faccio, come faccio a farti diventar grande, io non lo so, io non sono capace.
Era la stessa cosa di quando mi ero sposata, tutti dicevano è il giorno più bello della tua vita e io, davvero, ho fatto di tutto per farlo essere proprio perfetto, ho fatto tutto, tutto quel che sapevo, ma non so, quel giorno lì aveva qualcosa che non era, non era come avevo pensato. Quando ci pensi da bambina, quando lo vedi nei film, è diverso. Anche allora avevo pensato di essere io, che non ci riuscivo, o che forse avevo sbagliato, forse ci voleva un uomo più bello, forse ci voleva un uomo come nei film, ma io forse non ero abbastanza bella, non abbastanza per averlo. Però nelle foto ero bella, magari poi sarebbe successo qualcosa, qualcosa che mi avrebbe fatto sentire a posto davvero, sentire che ero riuscita, che non mi mancava più niente, che non avevo più vuoti.
Per quello avevo pensato che era un bambino, quello che mi mancava. Me lo dicevano, adesso ti manca un bambino. Ed era vero, a me mancava, fin da quando ero io una bambina, lo volevo tantissimo, qualcosa di bello, di mio.
Qualcosa che avevo fatto io, che mi apparteneva, che mi avrebbe amato tantissimo e mi avrebbe reso felice.
Non importa se non sono davvero tanto felice adesso, pensavo, è solo che è quello che manca, vedrai, vedrai quando arriva vedrai.
Tanto tempo ho passato aspettando e cercando e poi un giorno ho pensato che adesso era tutto finito, che nessun altro mai, nessun uomo bellissimo e forte mi avrebbe portato via, nessuna altra vita avrei mai avuto, solo questa di lavarti e vestirti e essere una signora sposata, una che aveva un bambino, non sarei mai più stata una ragazza, mai più.
Ti ho voluto tanto, ma tanto. Ti ho voluto per darmi la vita, per darmi una mia vita vera e quando ti ho avuto mi sono accorta che me l'avevi tolta tutta. Che non c'era altro che tu, e non ci sarebbe mai stato altro.
E tu non mi volevi bene. Lo so. Se no non avresti pianto così, così tanto.
Non mi avresti fatto sentire scema e incapace.
Non mi avresti sfidato a chi era più forte, a chi poteva fare impazzire quell'altro.
Non mi avresti tenuta qui chiusa in casa, scarmigliata e mezzo svestita, a far tutte queste cose e odiarti e aver sonno e pulire e mettermi bene e uscire perché tutti dicessero ma che bel bambino, ma che tesoro, signora.
Non me l'avevano detto, non avevo provato. Mia nonna ha tirato su cinque fratelli, lo diceva sempre, li ha avuti in braccio da quando eran poppanti e nessuno le ha mai chiesto se era capace. Io un neonato l'avevo visto solo in tv, non ne ho mai tenuto uno in braccio, nemmeno un gattino. Non mi hanno insegnato, non mi hanno detto che potevo, e come si faceva, e che non c'è da aver paura e che tutte possono farlo, tutte son fatte per esser capaci.
Perché no, non ero capace. Non ero capace, neanche questa volta, di esser felice. E non ce ne sarebbero mai state altre: lo sai avevo tutto, tutto quello che avevo sempre voluto, un marito una casa un bambino. E non ero felice lo stesso. Non sarei stata felice mai più, ecco, se era così, allora lo sapevo.
Se non puoi essere felice mai più, se tutte le cose che hai sempre pensato non ti fanno felice, se neanche adesso, neanche adesso che ho te io so essere felice, se neanche adesso c'è quella luce, se non trovo neanche adesso quella me che finalmente è arrivata, che è contenta, allora, tanto vale morire.
Tanto vale che muoio, che muori, perché tu sei me. Sei la parte di me che non ha mai saputo come si fa, mai capito come esser felice.
Mettetemi in prigione, io ci resto. Era bello, se fosse stato, ma tanto, è finita così. Fate quel che volete, tanto noi siamo morti.
Tanto, io sono morta. Sono morta di parto, sono morta.

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giovedì, 09 giugno 2005

In una votazione chi decide, legittimamente, di astenersi
vota scheda bianca.
Il resto, tutto il resto, è mistificazione o spudorato imbroglio.

Postato da: sphera a 08:45 | link | commenti (5)

mercoledì, 08 giugno 2005

Signore e signori, buongiorno.
Ben svegliati, avete dormito bene? Avete fatto una sana, leggera e nutriente colazione? Vi sentite frizzanti e sfolgoranti come il mondo si aspetta da voi? Bene.
La giornata sfavilla di sole, l’aria è fresca e la temperatura, di conseguenza, propizia.
Propizia a cosa? Non certo al lavoro: propizia alle gioie dei sensi, piuttosto.
E propizia ad un allegro impazzimento, che se in città non vi viene bene sappiate che ci sono luoghi ameni che non aspettano altro.

E adesso vado, che ho da sfolgorare un paio d’ore in sala riunioni.

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lunedì, 06 giugno 2005

C'eravamo tanto amati

Queste vecchie case hanno storie aggrovigliate. Togli l'intonaco da un muro e trovi un arco, fori una parete e trovi una intercapedine, un tubo, una canna fumaria, un resto di porta.
Strati di storie e case sovrapposte, ognuno costruisce, buca, tappa, erige, devia, smantella.
Così, se uno scarico non funziona la faccenda puramente tecnica e idraulica diventa subito storia, archeologia, sociologia.

Capomastro - Lei, senta, qui c'è un problema, eh.
Precedente Proprietario - No, no. Lo scarico funzionava. Ha sempre funzionato.
(la coda di paglia ondeggia spazzando piano il cortile)
- Come è che sa che parlavo dello scarico?
- No, è che ho visto che rompeva lì.
- Sicchè?
- Sicché son stati quelli sotto, quando han fatto il giardino. Han tagliato il tubo, glielo dico io. Lì abitava mio padre, che la casa era di mio nonno, perché era stata divisa con suo fratello, mio zio, ma poi dopo l'eredità lui l'aveva rivelata, rilevata, no? Che poi dopo quando è rimasto vedovo
- Sì ma gli scarici?
- Il tubo c'era, e funzionava. Son stati quelli sotto, quando han fatto il giardino. Ho visto, io, ho visto.

Capomastro - Qui c'è da andare a parlare con quelli di sotto.
- Va bene.
- A lui quello di qua gli ho già accennato. È uno un po' strano, per me si fa una canna via l'altra, comunque si può parlarci. È lei che è la stronza.
- In effetti, l’ho incrociata un paio di volte e mi ha salutato a malapena… un po’ rigidina, sì.
- Rigidina? A me mi pare che c’abbia un palo nel culo quella lì. Scusa la parola.
- Prego.
- Se ti trovi intorno una donna così, altro che farsi le canne. Comunque, vacci a parlare.

- Ciao, sto qui sopra, sai.
VicinoDi Sotto - Sì, sì. Ho parlato col tuo muratore. Però qui è un casino.
- Mannò, dai. C'è sto problema di tubi, si guarda, si sistema, no?
- Ah, per me sì. Ma io non ho fatto niente agli scarichi, eh. Non ho toccato niente. Niente.
(la coda di paglia volteggia frusciante nell'aria tiepida della sera)
- Certo, ci mancherebbe. Dobbiamo solo fare una ispezione. Vedere cosa c'è. Poi mettiamo tutto a posto.
- Anche l'erba?
- Anche l'erba, certo. Del resto se c'era un pozzetto, non è che si poteva tapparlo... quindi vediamo, poi ci si sistema.
- Non c'erano pozzetti.
- No, no. Guardiamo, va bene? Sturiamo il tubo e tutto va a posto.
- Sì ma voglio una carta.
- Una carta?
- Sì, che dice che se fai dei danni poi li ripari.
- Ma sì. Ti faccio tutte le carte che vuoi. Allora 'sta ispezione?
- Sì, beh, va bene. Ma ci devo essere io. ASSOLUTAMENTE. Non la mia compagna. Io.
- Ma certo. Come è più comodo per tutti. Del resto siamo tutti persone civili e
- Tutti no. Quello qui di fianco, quel testadicazzo, per esempio, no.
- Ah. Beh, comunque...
- No, perchè io con quello non ci parlo eh. Che se lo vedo ancora gli metto le mani addosso. Quel testadicazzo. Che lui è venuto nel mio e
- Sì, non c'è problema, gli parlo io, non c'è problema.
- Ecco, bene, perchè io non gli parlo più. Per tutta la vita. Se no gli metto le mani addosso, perché lui
- Gli parlo io. Persone civili, si parla, si sistema...
- Tu sei civile, lui no. Quel testadicazzo.

- Ciao, sto qui sopra, sai.
AltroVicino- Sì, ho parlato col tuo capomastro. Per me non c'è problema. Io gli scarichi non li ho nemmeno toccati, nemmeno guardati.
(la coda di paglia si staglia fluttuante contro il sole al tramonto)
- Sì, non ho dubbi.
- I casini li ha fatti quel coglione.
- Ehm, sì. Comunque, ci sarebbe da sistemare sta cosa
- Sì, sì. Problemi zero. Basta che non ho a che fare col coglione, lì. Che ci ho litigato, sai? Perché quel muretto, c’era una servitù, e quell’arco che lui ha buttato giù
- Beh, comunque son problemi vostri, non voglio entrarci... del resto tra persone ragionevoli...
- Ah, no. Tu sei ragionevole, mica tutti. Io con quello lì, con quelli lì, solo per avvocati adesso.
- Ma sì, dai, che poi, mettendosi con calma, tra gente perbene...
- No, no. Quella non è gente, non sono persone.
- Eh?
- No, no, dai retta a me. Quelle non sono persone, sono cose. Quei coglioni. Quel coglione.
- Sì. Beh. Allora...
- Fai una carta. Dammi retta, fai una carta. Che con coglioni così è l'unica.

Capomastro - Hai parlato coi due qui sotto?
- Sì. Continuano a dirmi di fare carte. Io le faccio, non è un problema, ma mi fa un po' ridere.
- Non badarci. Son teste di cazzo tutti e due. Scusa la parola. Mica cattivi, ma teste di cazzo. Poi c'è la stronza che invece. Non preoccuparti comunque, te fai le carte che poi a fare il lavoro e sistemare ci penso io.
- Sì, ma mi pare così strano. A vederli sembrano persone come si deve, ma han litigato sai? Non si parlano più.
- Ah, beh. Fai conto che il tizio anziano che sta di là, hai presente, quello con la barbetta. Con suo cugino che vive qui nella stessa corte non si parlano più da quarantacinque anni.

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