domenica 16 dicembre 2012

Fino alla fine del mondo - 3 -

Adele si sfilò gli occhiali, gli diede una pulita con l’orlo del golfino. Adesso andava meglio, sì. Scostò ancora un poco la tendina, una pratica di molti decenni le faceva sapere esattamente quanto largo poteva essere lo spiraglio per vedere senza essere vista. Che non fosse più come una volta lo sapeva da un pezzo: quando era giovane era ben raro che in paese arrivasse gente da fuori, era quasi un avvenimento, per dire. Poi passando gli anni, si capisce, le cose vanno a cambiare e di forestieri ne capitavano sempre più spesso, la città si era fatta più vicina, il paese si era ingrandito di famiglie che ci erano venute a stare, in condominio e a schiera, gente che gli piaceva abitare fuori anche se c’era da fare il pendolare. E poi a un certo punto quegli altri, che dicevano che erano anche brava gente, che veniva a lavorare, ma lei non si era mai fidata tanto. Stracomunitari, lei le facevano sempre un po’ paura, teneva la porta sempre chiusa anche con la chiave in alto, che dicevano che andavano a rubare nelle ville (magari, che era una villa, questa). Dicevano che entravano nelle case dei vecchi (oddio vecchi, delle persone anziane) a rubare (che poi i soldi uno li tiene in posta, e i cinquanta euro di scorta sono nascosti bene, eccome). Dicevano che violentavano le donne (oddio chissà cosa dev’essere essere violentate da uno di quei giovanottoni, così neri). Si fece il segno della croce, ma te, ma guarda che pensieri. Col suo povero marito che la guardava dalla cornice di peltro sul comò. Si aggiustò gli occhiali sul naso e allargò di un altro centimetro lo spazio tra le tende: era quasi al limite di essere vista ma non è che uno può non guardare. Si torse un pochino di lato, il ventre fasciato di maglina malva premuto contro il calorifero, come si fa a non guardare. Vide che il Piero era sceso in cortile vedendoli arrivare, lo vide avanzare agitando le mani. Assentì tra sé leggendo sulle sue labbra quello che lei stessa avrebbe detto: via, via, questa è proprietà privata, fuori, o chiamo i carabinieri. Bravo. Bellicoso, gli si era fatto più vicino. Le girava le spalle adesso e non capì cosa si dicessero, ma il battibecco fu molto breve: ci fu una specie di sbuffo e dove un attimo prima era il Piero si afflosciò come un mucchietto di polvere marròn. Un refolo di vento fece turbinare il Piero disperdendolo in un amen e fu in quel momento che il Giovannino – il fratello del Piero, l’unico rimasto che il povero Anselmo era restato sotto il trattore nell’ottantadue – scese di corsa (quasi di corsa insomma, con la sua gamba sifulina) le scale, con in mano lo schioppo. Chissà se funzionava ancora, poi, che erano vent’anni almeno che non andava a caccia. Non si può sapere perché non fece neanche in tempo ad imbracciarlo che lo sbuffo lo disfece in sabbietta, lui e lo schioppo. L’Adele si scostò dal calorifero, abbassò la mano che aveva premuto forte sulla bocca. Fece un passo indietro, guardò la porta chiusa con due chiavi, anche quella di sopra. Chissà, chissà cosa dev’essere essere violentate da uno di quei giovanottoni, così verdi.

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